ARCHIVIO ASTRONEWS: febbraio 2011

 

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25 febbraio 2011:
Lanciato ieri sera (giovedì) per l'ultima volta lo Space Shuttle Discovery.
Dopo alcuni minuti di ritardo e di apprensione a causa di un problema ai sistemi di controllo delle zone di sicurezza del Kennedy Space Center, lo Space Shuttle Discovery ha finalmente acceso i motori ed ha iniziato questa missione STS-133 lungamente attesa.

Il ritardo sul lancio è stato esattamente di 3 minuti dopo una interruzione aggiuntiva al countdown avvenuta a T-5 minuti. Quando appariva ormai inevitabile un rinvio, è finalmente giunto dal Launch Control il Go definitivo. Mancavano pochi secondi alla chiusura della finestra di lancio, che in questo caso era di circa sette minuti (tre e mezzo prima e tre e mezzo dopo il momento "ideale" per il liftoff), ma la navetta si è staccata dalla rampa 39/A alle 2153:24 UTC con il sollievo di tutti

Durante la salita, dopo il distacco dei booster laterali, nelle immagini di NasaTV è stato notato un grosso pezzo che si è staccato dal serbatoio ed ha urtato lo scudo termico della navetta. Durante la conferenza stampa che ha seguito il lancio è stato escluso che possa aver provocato danni, prima di tutto perché era un frammento di schiuma di circa 25 cm di larghezza e poi perché la navetta si trovava già al di fuori dell'atmosfera densa, quella che può provocare i danni peggiori frenando rapidamente i pezzi che si staccano.

In ogni caso tutto lo scudo termico verrà, come sempre, sottoposto ad una accuratissima ispezione per controllare che sia integro o comunque in grado di sopportare il rientro a Terra.

Il Discovery è la navetta che ha passato più tempo in missione di qualsiasi altra: in venticinque anni di attività siamo alla 39esima missione e nelle prime 38 ha già percorso 5628 orbite del nostro pianeta per un totale di oltre 230 milioni di chilometri. Come se fosse andato per 288 volte, andata e ritorno, sulla Luna o, se vogliamo, potrebbe aver raggiunto il Sole ed essere a metà strada sulla via del ritorno... e tutto questo in 352 giorni di missione a 28'500 km/h! 

Onore a questa splendida macchina!

 

 

21 febbraio 2011:
A breve la Terra sarà raggiunta da un forte "vento" di particelle solari.

Sta raggiungendo la Terra il vento di particelle liberato dalla grande eruzione solare dei giorni scorsi, ma non si annunciano pericoli per il funzionamento di comunicazioni e satelliti. La Nasa conferma che al massimo ci si possono attendere spettacolari aurore polari.

Le immagini catturate dal Solar Dynamics Observatory (Sdo) della Nasa non lasciano dubbi sul fatto che il Sole sia in piena attivita'.

Questo sta liberando una nube di particelle diretta verso la Terra a 900Km al secondo.

 

 

16 febbraio 2011:
La sonda Stardust-NExT ha raggiunto la cometa Tempel 1.
Ecco le prime importanti immagini della cometa Tempel 1 rilasciate dalla NASA dopo l'incontro molto ravvicinato con la sonda Stardust-NExT. Erano attese con trepidazione per l'opportunità di vedere per la prima volta i mutamenti subiti dalla superficie di una cometa dopo un passaggio al perielio e, soprattutto, dopo l'impatto con il proiettile rilasciato nel 2005 dalla sonda Deep Impact.
Il cratere generato in quell'occasione è stato effettivamente fotografato dalla Stardust-NExT ed è indicato nella coppia di immagini centrali con dei cerchietti gialli: quella di sinistra evidenzia la zona dell'impatto, dove si distingue chiaramente (non solo per la migliore risoluzione) una piccola collina, che nell'immagine di destra risulta praticamente cancellata dal materiale eiettato dall'impatto, che ha per così dire uniformato l'intera area. Nei due cerchi concentrici dell'immagine di destra troviamo in quello più interno il cratere vero e proprio, il cui diametro è stimato in circa 150 metri e al cui centro si erge un modesto picco, mentre il cerchio più esterno indica la regione dove sono ricaduti la gran parte degli ejecta.
La profondità del cratere non è ancora stata stabilita con certezza, ma da stime preliminari sembra piuttosto modesta. Complessivamente, la dinamica dell'impatto avvenuto nel 2005 e le tracce di quell'evento osservate ora sembrano indicare che il nucleo della Tempel 1 è relativamente fragile, come afferma Pete Schultz, della Brown University, Providence, R.I.
Altre informazioni interessanti ricavate dalle immagini della Stardust-NExT, che per il 90% coprono aree mai viste prima, riguardano terreni con terrazzamenti a diverse elevazioni (prime due immagini a sinistra, sopra e sotto), caratterizzati da scarpate e pendii che si estendono per 1-2 km sulla superficie e che sono la probabile traccia dell'antica evoluzione collisionale di quel nucleo cometario.
Ancora più interessanti e attese sono però le erosioni riconosciute nelle creste evidenziate con linee gialle nelle due immagini a destra: qui gli elementi volatili rilasciati durante l'ultimo passaggio al perielio hanno abraso il fronte più esposte spostandolo di circa 20-30 metri.

 

 

12 febbraio 2011:
L'equipaggio della missione simulata Mars 500 è arrivata su Marte.

Sono i viaggiatori che stanno eseguendo la missione simulata chiamata Mars 500 e che si trovano in un laboratorio sigillato in Russia, dove è stata ricostruita una astronave completa di modulo di discesa, terreno marziano, e modulo di rientro.

Dopo 250 giorni di “viaggio” sono ora entrati in orbita attorno al Pianeta Rosso e dovranno eseguire la parte più delicata della missione, le escursioni su Marte.

Ecco l’elenco delle operazioni
1 Feb 2011: ingresso in orbita circolare attorno a Marte
1 Feb 2011: aperture portello del Mars Lander
8 Feb 2011: completamento del caricamento e chiusura portello Lander
12 Feb 2011: distacco e atterraggio su Marte
14, 18 e 22 Feb 2011: escursioni extraveicolari sulla superficie
19 Feb 2011: risalita e inizio della quarantena
20 Feb 2011: attracco con l’astronave interplanetaria
23 Feb 2011: fine della quarantena
24 Feb 2011: apertura del portello
27 Feb 2011: trasferimento nel modulo abitativo
28 Feb 2011: carico del lander con i rifiuti
1 Mar 2011: chiusura portello e distacco del lander
Da qui inizia il viaggio di ritorno che durerà altri 250 giorni.

A questa maratona partecipano sei volontari. Ecco i nomi:
- Alexei Sitev, ingegnere russo (38 anni), comandante della missione
- Sukhrob Kamolov, medico chirurgo russo (32 anni)
- Alexander Smoleevsky, fisiologo russo (33 anni)
- Romain Charles, ingegnere francese (31 anni)
- Diego Urbina, ingegnere italo-colombiano (27 anni)
- Wang Yue, astronauta cinese (27 anni)

 

 

4 febbraio 2011:
Il telescopio spaziale Kepler scopre 5 pianeti di taglia terrestre.
5 pianeti di taglia terrestre in orbita attorno ad altrettante stelle più piccole e fredde del Sole, a distanze compatibili con la loro zona di abitabilità, e un sistema planetario con ben 6 pianeti transitanti sul disco stellare. Sono queste le rivelazioni più clamorose che riguardano l'attività del telescopio spaziale Kepler.
In realtà le 5 "Terre" sono ancora in attesa di conferma, mentre sul sistema di 6 pianeti, appartenente alla stella di tipo solare Kepler-11 (distante circa 2000 anni luce), si possono invece già trarre delle conclusioni piuttosto sorprendenti.
I 5 pianeti più interni percorrono orbite pressoché complanari molto vicine alla stella, tutte più piccole di quella del nostro Mercurio, tanto che impiegano meno di 50 giorni a completarle. Dagli anticipi e dai ritardi nei loro transiti, dovuti alle reciproche influenze gravitazionali, è stato possibile calcolare le singole masse, comprese fra 2,3 e 13,5 masse terrestri, che poste in relazione ai diametri dedotti dall'oscuramento causato al disco stellare ha portato a calcolare densità molto più basse di quella terrestre e ad ipotizzare per quei pianeti una componente atmosferica assai rilevante, più tipica dei pianeti gassosi, con possibilità di presenza di acqua (soprattutto per i due più interni), di idrogeno e di elio.
La presenza di estese atmosfere a così breve distanza da una stella di tipo solare implica però un loro dissolvimento in tempi dell'ordine dei 5 milioni di anni, il che significa che quei pianeti si sono formati pochi milioni di anni fa, probabilmente su orbite più esterne poi abbassatesi.
Del sesto pianeta del sistema di Kepler-11, il più esterno, con un'orbita percorsa in 118 giorni, non è nota la massa ma si suppone possa avere le dimensioni di Urano o di Nettuno.
Al di là dei singoli casi, il fatto più importante è rappresentato dai numeri dell'attività fin qui svolta da Kepler: 1235 potenziali pianeti rilevati, di cui 68 con dimensioni paragonabili a quelle della Terra e di questi 5 collocati nella zona di abitabilità.
Se consideriamo che lo strumento ha finora esaminato "solo" 156mila stelle relativamente vicine, in un'area circoscritta fra le costellazioni del Cigno e della Lyra che rappresenta appena 1/400 dell'intero cielo, è lecito attendersi che nella nostra galassia possano esistere alcuni milioni di pianeti simili al nostro.
 

 

febbraio 2011:
13,2 miliardi di anni luce, nuovo record di distanza di una galassia.

I primati sono fatti per essere battuti. Succede anche per la distanza delle galassie. L’ultima candidata al record è una galassia fotografata nell’infrarosso con una posa di 87 ore dal telescopio spaziale “Hubble” (foto). Si troverebbe a 13,2 miliardi di anni luce da noi, e poiché l’età dell’universo secondo i più attendibili dati ottenuti con i satelliti “W.Map” e “Planck” sarebbe di 13,7 miliardi di anni, questa galassia risulterebbe essere l’oggetto più giovane e lontano che mai sia stato osservato. L’annuncio è comparso su “Nature” del 26 gennaio. Bisogna però aggiungere che l’incertezza della misurazione raggiunge il 20 per cento. Quindi è presto per parlare di record assoluto. “Il punto cruciale per chi studia oggetti celesti così lontani  è capire che cosa abbia reso l’universo così trasparente – dice Giovanni Cresci, dell’Inaf-Osservatorio di Arcetri. – Gli stessi autori dell’articolo sottolineano che i risultati del loro lavoro sono ancora molto pr0ovvisori e ritengono che le galassie primordiali possono aver contribuito solo per il 12 per cento alla radiazione necessaria per completare il processo di reionizzazione prodotto dalla radiazione ultravioletta”. Ci fu, in altre parole, al tempo delle galassie primordiali, un nuovo periodo di “nebbia” di elettroni che non lasciava filtrare la luce, ma questa antichissima galassia non ne sembra offuscata.