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- ESPLORAZIONE dello SPAZIO -

 

Esplorazione dello Spazio   |   Le missioni

L'uomo sulla Luna   |   Veicoli spaziali

 

ESPLORAZIONE DELLO SPAZIO

 

Esplorazione dello Spazio   |   Le missioni

L'uomo sulla Luna   |   Veicoli spaziali

 

1

 

INTRODUZIONE

Esplorazione dello spazio Complesso delle attività umane volte ad ampliare le conoscenze dirette sul sistema solare e sullo spazio interplanetario. L'era della navigazione spaziale ha avuto inizio nel 1957 con il lancio in orbita del satellite sovietico Sputnik 1, cui fece seguito, a distanza di qualche mese, un’analoga missione statunitense (Explorer 1). Nell'ottobre del 1958 venne fondata la NASA (National Aeronautics and Space Administration), l'ente spaziale statunitense che, in capo a due decenni, avrebbe lanciato in orbita terrestre oltre 1600 satelliti per le più diverse applicazioni civili e militari.

2

 

LA FISICA DELLO SPAZIO

Il confine tra l'atmosfera terrestre e lo spazio non è netto. Poiché la densità dell'aria diminuisce gradualmente con l'altitudine, l'alta atmosfera, estremamente rarefatta, sconfina nello spazio esterno. A 30 km di quota, la pressione barometrica è 1/80 di quella rilevabile al livello del mare; a 60 km è 1/3600, per poi scendere fino a 1/400.000, intorno ai 90 km. Tuttavia, persino a un'altitudine di 200 km, l'atmosfera è sufficientemente densa da rallentare i satelliti artificiali per attrito aerodinamico; di conseguenza i satelliti destinati a una lunga vita operativa devono essere collocati su orbite più alte.

2.1

 

Radiazione nello spazio

Si immagina comunemente che lo spazio sia vuoto. Esso, invece, contiene gas (come l'idrogeno) e pulviscolo. Tutto lo spettro elettromagnetico – raggi X, ultravioletto, luce visibile, infrarosso, microonde e onde radio – è in grado di attraversarlo. Vi sono inoltre i raggi cosmici, che sono fasci di particelle ad alta velocità, costituiti prevalentemente da protoni, particelle alfa e nuclei di elementi pesanti.

2.2

 

La gravità

La legge di gravitazione universale vuole che due corpi qualsiasi dotati di massa si attraggano con una forza direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Ne segue che l'attrazione gravitazionale esercitata dalla Terra sui veicoli spaziali diminuisce rapidamente con l'aumentare della distanza dal nostro pianeta.

3

 

L'UOMO NELLO SPAZIO

Lo spazio è un ambiente ostile all'uomo per diversi motivi: l'assenza di aria impedisce di respirare e impone l’impiego di tute pressurizzate (se la pressurizzazione venisse meno, il corpo umano esploderebbe all’istante); sui corpi celesti privi di atmosfera le temperature presentano escursioni diurne spaventose (sulla superficie lunare, ad esempio, la temperatura varia tra un massimo di 127 °C a mezzogiorno e un minimo di -173 °C subito prima del tramonto del Sole); le radiazioni ad alta energia che pervadono lo spazio sarebbero letali in mancanza di adeguata schermatura; infine, l’assenza di peso ha effetti deleteri sull’apparato muscolare e scheletrico, in caso di permanenza prolungata nello spazio.

Per far fronte a queste difficoltà, sono allo studio sistemi tecnologici avanzati, capaci di garantire all’uomo permanenze nello spazio sempre più lunghe e confortevoli. Ad esempio, per risolvere il problema della gravità, è in esame un sistema capace di creare una gravità artificiale a bordo delle stazioni spaziali: i veicoli verrebbero fatti ruotare attorno a un asse in modo da produrre una forza centrifuga che produca gli stessi effetti di una forza di gravità. In base a questo progetto, un giorno le stazioni spaziali potrebbero assomigliare a gigantesche ciambelle rotanti.

4

 

PROGRAMMI CORRENTI E FUTURI

All'inizio degli anni Ottanta lo scopo principale del programma statunitense era la realizzazione di un veicolo spaziale riutilizzabile più volte; fu così creato lo space shuttle.

4.1

 

Space shuttle

Lo shuttle, un'astronave multiuso pilotata, venne progettato per trasportare un equipaggio costituito da sette persone e un carico massimo di circa 30 tonnellate. La parte superiore della navetta ospita l'equipaggio e può essere riutilizzata fino a 100 volte. Per le sue caratteristiche di flessibilità e per la possibilità che offre di trasportare, porre direttamente in orbita ed eventualmente riparare in loco i satelliti, lo shuttle rappresenta un passo decisivo nella storia dell'esplorazione dello spazio.

La prima navicella del programma Space Shuttle fu il Columbia; il suo equipaggio era costituito da John W. Young e Robert Crippen, che decollarono il 12 aprile 1981 per un volo di prova senza carico. Durante la prima missione operativa, effettuata tra l'11 e il 16 novembre 1982, gli astronauti del Columbia trasportarono due satelliti commerciali per telecomunicazioni. Tra le successive operazioni particolarmente significative furono il nono volo (tra il 28 novembre e l'8 dicembre 1983), che trasportò il primo Spacelab dell'Agenzia spaziale europea; l'undicesimo (7-13 aprile 1984), durante il quale un satellite venne recuperato, riparato e rimesso in orbita; il quattordicesimo (8-14 novembre 1984), quando due satelliti in avaria vennero recuperati e riportati sulla Terra.

Il 28 gennaio 1986 il programma Space Shuttle fu funestato dal più tragico incidente nella storia delle esplorazioni spaziali. Il Challenger si disintegrò circa un minuto dopo il lancio, a causa dell'avaria di una guarnizione in uno dei razzi a carburante solido; il razzo entrò in collisione con il serbatoio principale a idrogeno e ossigeno liquidi, provocando un'esplosione quasi istantanea e la distruzione dell'intera navetta. Nel disastro morirono sette astronauti: il comandante Francis R. Scobee, il pilota Michael J. Smith, gli specialisti di missione Judith A. Resnik, Ellison S. Onizuka e Ronald E. McNair, lo specialista del carico utile Gregory B. Jarvis e Christa McAuliffe. Quest'ultima era stata selezionata l'anno precedente per rappresentare il primo passeggero non specialista del programma shuttle. La tragedia provocò l'immediata sospensione dei lanci per permettere un'analisi e una riprogettazione di tutti i sistemi. Dopo il disastro del Challenger, le guarnizioni incriminate vennero ridisegnate per evitare che quel guasto si ripetesse.

Il programma di lanci dello shuttle riprese il 29 settembre 1988, con il volo della navetta Discovery con cinque astronauti a bordo. Nel corso di questa missione, venne messo in orbita un satellite per comunicazioni della NASA, il TDRS-3, e vennero svolti molti esperimenti. Il successo di questa ventiseiesima missione incoraggiò la ripresa della piena attività. Nel 1990 venne messo in orbita da uno shuttle, dopo molti ritardi, il telescopio spaziale Hubble: un progetto da un miliardo e mezzo di dollari.

Un grave incidente ha coinvolto lo shuttle Columbia il 1° febbraio 2003: durante la fase di rientro nell’atmosfera la navicella è esplosa, probabilmente a causa di una falla nel sistema di isolamento provocata dall’urto di un pannello isolante staccatosi dal serbatoio durante il decollo. Nell’incidente hanno perso la vita sette astronauti.

4.2

 

Prospettive

Oltre alla stazione spaziale abitata, un altro obiettivo della ricerca aerospaziale è la costruzione dell'X-30, un razzo progettato per modificare radicalmente i voli spaziali utilizzando potenti motori propri per raggiungere l'orbita. Programmi più ambiziosi, come l'installazione di una base lunare o l'esplorazione umana di Marte, richiederanno molti anni per essere realizzati. Un progetto attuale, che vanta numerose prospettive, è invece l'esplorazione del Sole, iniziata alla fine del 1995 con il lancio del SOHO (Solar and Heliospheric Observatory), frutto della collaborazione tra l'ESA (European Space Agency) e la NASA. A differenza delle sonde precedenti posizionate su orbite terrestri, il veicolo spaziale è in orbita intorno al Sole e può pertanto compiere con continuità osservazioni dirette, rivelando preziosi dettagli sui cicli di attività e sulle caratteristiche del campo magnetico della nostra stella.

4.3

 

TURISMO SPAZIALE

L’era del turismo spaziale si è aperta nel maggio del 2001 con il primo volo in orbita di un astronauta a pagamento. Lo statunitense Dennis Tito, dopo un periodo di addestramento di quattro mesi e dietro il pagamento di un biglietto miliardario, ha partecipato per puro diletto a una delle missioni Soyuz a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. A promuovere il viaggio è stata l’agenzia “turistica” Space Adventures Corporation, che oggi riceve decine di prenotazioni per analoghe “vacanze” spaziali. L’agenzia spaziale russa ha deciso di approfittare del fenomeno costruendo una navetta Soyuz interamente dedicata a missioni turistiche. Pensata per ospitare un pilota e due turisti, compirà probabilmente il primo volo entro il 2005. La sua attività servirà a finanziare parte dei programmi scientifici di esplorazione dello spazio; le tariffe per il momento rimangono piuttosto care: un viaggio alla Stazione Spaziale Internazionale costerà circa 20 milioni di dollari.

 

LE MISSIONI

 

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1

 

PROGRAMMI SPAZIALI SENZA EQUIPAGGIO

L’antico sogno umano di conquista dello spazio si concretizzò il 4 ottobre 1957, con l'emozionante lancio del primo satellite artificiale orbitante, lo Sputnik 1, effettuato dall'Unione Sovietica.

1.1

 

Primi satelliti artificiali

Lo Sputnik 1 era una sfera di alluminio di 58 cm di diametro e di 83 kg di peso. Orbitava attorno alla Terra in 96,2 minuti, compiendo una traiettoria ellittica che portava il satellite a un apogeo di 946 km e a un perigeo di 227 km. La sfera conteneva strumenti che per 21 giorni consecutivi trasmisero dati riguardanti i raggi cosmici e le meteoriti, e fornirono informazioni sulle condizioni di densità e di temperatura dei gas che compongono l'alta atmosfera. Dopo 57 giorni il satellite rientrò nell'atmosfera terrestre e venne distrutto dal calore di attrito.

Il secondo satellite artificiale, lo Sputnik 2, venne lanciato il 3 novembre 1957 recando a bordo una cagnetta di nome Lajka. La missione permise di effettuare i primi studi sugli effetti del volo in orbita su organismi viventi. Lo Sputnik 2 rientrò nell'atmosfera terrestre, distruggendosi, dopo 162 giorni di volo.

Il 31 gennaio 1958, mentre lo Sputnik 2 era ancora in orbita, gli Stati Uniti lanciarono il loro primo satellite, l'Explorer 1. La sonda, un cilindro di 15 cm di diametro, lungo 203 cm e del peso di 14 kg, effettuò per 112 giorni precise misurazioni sui raggi cosmici e i micrometeoroidi; fornì inoltre i primi dati da satellite che condussero alla scoperta delle fasce di radiazione di Van Allen.

Il 17 marzo 1958 gli Stati Uniti collocarono in orbita il Vanguard 2, che per oltre sei anni trasmise segnali utilizzando solo energia solare; lo studio preciso delle variazioni della sua traiettoria fornì preziosi dati sulla forma del nostro pianeta. Il Vanguard 2 fu seguito dall'Explorer 3, lanciato il 26 marzo 1958, e dallo Sputnik 3 sovietico, lanciato il 15 maggio. Quest'ultimo, del peso di 1327 kg, effettuò misurazioni sulla radiazione solare, sui raggi cosmici e sul campo magnetico terrestre, finché la sua orbita decadde nell'aprile del 1960.

1.2

 

Missioni lunari senza equipaggio

La Luna è stata meta di innumerevoli missioni spaziali. Le prime due furono quella della sonda sovietica Lunik 2, lanciata il 12 settembre 1959 e caduta sulla Luna dopo 36 ore e, di pochi mesi dopo, quella della statunitense Pioneer 4. Le prime fotografie della faccia nascosta furono scattate dalla sonda Lunik 3, lanciata il 4 ottobre 1959. Uno dei successi più eclatanti fu ottenuto dalla missione del Ranger 7, lanciato dagli USA il 28 luglio 1964: prima di cadere sulla faccia visibile della Luna, il satellite trasmise 4316 immagini della superficie del nostro satellite, riprese da una quota variabile tra i 300 m e i 1800 km.

Il 31 gennaio 1966 l'URSS lanciò il Lunik 9, che effettuò il primo allunaggio morbido. A questa missione, il 30 maggio fece seguito il lancio del Surveyor 1, che si posò sulla superficie lunare e trasmise alla Terra 11.150 immagini. Oltre alla raccolta di informazioni scientifiche, le missioni lunari nell'ambito del programma statunitense ebbero come obiettivo fondamentale quello di riuscire a portare l'uomo sulla Luna. A questo scopo vennero effettuati moltissimi altri lanci di sonde automatiche, tra le quali Surveyor 3 e 5, del 1967: il Surveyor 3 raccolse campioni del suolo e li esaminò per mezzo di una telecamera; il Surveyor 5 analizzò chimicamente la superficie lunare, compiendo così la prima analisi sul posto di un campione extraterrestre.

Nel 1966 e nel 1967 le sonde trasportate dalla navicella statunitense Lunar Orbiter orbitarono attorno alla Luna, inviando a Terra migliaia di fotografie, in seguito utilizzate per la scelta dei siti di allunaggio delle missioni Apollo.

Pochi anni più tardi, dopo i primi sbarchi di astronauti americani sul nostro satellite (di cui si parlerà oltre), l’Unione Sovietica portò a termine con successo altre due missioni di notevole rilievo. La sonda Lunik 16, lanciata il 12 settembre 1970, si posò sulla Luna e stivò circa 113 g di suolo lunare, in seguito analizzati nei laboratori terrestri. La Lunik 17, lanciata il 10 novembre 1970, depositò sulla superficie del satellite un veicolo automatico a ruote denominato Lunokhod 1, dotato di una telecamera e alimentato a batterie solari. Nel corso di dieci giorni lunari il veicolo, controllato da Terra, percorse 10,5 km, effettuando riprese televisive e misure scientifiche. Nel 1973 il Lunik 21, con il Lunokhod 2, ripeté la stessa esperienza.

1.3

 

Satelliti scientifici

Da quando sono stati messi a punto vettori di lancio più affidabili, sono stati messi in orbita innumerevoli satelliti artificiali, destinati ai fini più diversi. Quelli scientifici hanno consentito di effettuare studi accurati del Sole, delle altre stelle, della Terra e degli altri corpi celesti e di raccogliere dati astronomici impossibili da ottenere direttamente dalla superficie terrestre a causa dell’effetto schermante dell'atmosfera.

Alcuni di questi satelliti scientifici sono gli osservatori solari orbitanti (OSO), che dal 1962 effettuano ricerche sulle radiazioni ultraviolette, X e gamma, emesse dal Sole. Alcuni satelliti pionieristici hanno studiato la radiazione cosmica di fondo, il vento solare e i campi elettromagnetici associati. Gli osservatori astronomici orbitanti (OAO) hanno analizzato più in particolare le emissioni elettromagnetiche delle stelle, mentre gli osservatori geofisici orbitanti (OGO) hanno compiuto rilevamenti sulla forma della Terra e sul campo geomagnetico. Il satellite IRAS (Infrared Astronomy Satellite, satellite per astronomia infrarossa), lanciato nel 1983 su progetto anglo-statunitense, ha osservato la nostra galassia alle lunghezze d'onda dell'infrarosso.

Uno dei più noti ed efficienti strumenti scientifici attualmente in orbita intorno alla Terra è il telescopio spaziale Hubble, installato nel 1990 dallo space shuttle Discovery. Il telescopio ha fornito e continua a fornire immagini ottiche qualitativamente senza precedenti di tutto il cosmo visibile. Lo strumento, che inizialmente aveva rivelato un difetto di messa a fuoco, è stato riparato in orbita dagli astronauti dell'Endeavour nel dicembre del 1993.

1.4

 

Satelliti applicativi

I satelliti applicativi si dividono in quattro grandi classi: satelliti per telecomunicazioni, meteorologici, per lo studio delle risorse terrestri e per la navigazione.

I satelliti meteorologici permettono di raccogliere dati precisi sulle condizioni atmosferiche di tutto il pianeta. In particolare, quelli in orbita geostazionaria inviano immagini di grandi aree della superficie terrestre a intervalli di circa 30 minuti, rendendo possibile una costante verifica dei modelli di previsione. Due satelliti geostazionari sono sufficienti a coprire un intero continente e le aree oceaniche adiacenti.

Landsat statunitensi e il satellite europeo SPOT (Système Probatoire pour l'Observation de la Terre) osservano la Terra con sofisticati scanner ottici multispettrali e trasmettono i dati alle stazioni terrestri. Una volta ricostruiti in immagini a colori, questi dati forniscono informazioni sulle caratteristiche del suolo, sulle quantità di acqua e ghiaccio, sul vapore acqueo in prossimità delle coste, sulla salinità, sugli incendi. Le osservazioni delle faglie e delle fratture della crosta terrestre sono invece di aiuto per la localizzazione di giacimenti petroliferi e minerari.

I satelliti per l'osservazione della superficie terrestre vengono utilizzati da alcuni paesi per raccogliere informazioni di importanza militare, come la presenza di rampe di lancio di missili balistici in una determinata zona, l’effettuazione di esperimenti nucleari, i movimenti di navi e di truppe. I satelliti per la navigazione forniscono un punto di osservazione fisso sull'orbita terrestre, che viene utilizzato da navi e sottomarini per determinare la propria posizione con una precisione di pochi metri. Un complesso sistema satellitare per la navigazione, detto Navstar, viene impiegato per uso militare e commerciale.

2

 

MISSIONI SPAZIALI CON EQUIPAGGIO

Appena un anno dopo il successo dei primi satelliti artificiali, sia gli Stati Uniti sia l'Unione Sovietica svilupparono programmi mirati a portare l'uomo nello spazio. Le missioni con equipaggio umano furono precedute da esperimenti su animali per studiare l'effetto dell'assenza di peso sugli esseri viventi.

2.1

 

Programmi Vostok e Mercury

Il 12 aprile 1961 l'Unione Sovietica raggiunse l'obiettivo del volo orbitale umano con la missione della navicella Vostok 1, che trasportava il cosmonauta Jurij A. Gagarin. Durante il volo, durato 1 ora e 48 minuti, egli raggiunse un apogeo di 327 km e un perigeo di 180 km, atterrando con successo in Siberia. Nei due anni seguenti vennero lanciate altre cinque Vostok, l'ultima delle quali, pilotata dalla cosmonauta Valentina Tereškova, compì 48 orbite attorno alla Terra.

Contemporaneamente, gli Stati Uniti svilupparono il programma statunitense Mercury per sperimentare le condizioni di volo in orbita. Il 5 maggio 1961 Alan B. Shepard Jr. effettuò una traiettoria balistica a bordo della navicella Freedom 7, compiendo un volo suborbitale di 15 minuti. Una missione simile venne ripetuta il 21 luglio da Virgil I. Grissom. Il 20 febbraio 1962 John Glenn compì tre orbite attorno alla Terra. Nel medesimo periodo si svolsero altri tre voli Mercury, pilotati da M. Scott Carpenter, Walter M. Schirra e Leroy Gordon Cooper.

2.2

 

Programmi Voskhod e Gemini

La navicella Voskhod, un'evoluzione della Vostok, fu progettata per ospitare due o tre cosmonauti. Il 12 ottobre 1964 Vladimir M. Komarov, Boris B. Egorov e Konstantin P. Feoktistov effettuarono un volo di 15 orbite a bordo della Voskhod 1. La Voskhod 2 venne lanciata il 18 marzo dell'anno successivo con un equipaggio formato dagli astronauti Pavel I. Beljaev e Aleksej A. Leonov; durante la missione Leonov effettuò la prima "passeggiata" nello spazio, cioè la prima attività extraveicolare (EVA), uscendo dalla navicella e rimanendovi ancorato mediante un cavo.

La navicella statunitense Gemini venne progettata per sperimentare la tecnologia richiesta per raggiungere la Luna e per verificare le possibilità di manovra nello spazio di veicoli in grado di ospitare un equipaggio composto da più di un astronauta. Nel maggio del 1961 venne istituito il programma Apollo, con l'obiettivo di portare un uomo sul suolo lunare e farlo ritornare sulla Terra "prima della fine del decennio". Questo ambizioso proposito produsse una fitta serie di voli pilotati e, nel corso degli anni successivi, vennero effettuate circa dieci missioni nell'ambito del progetto Gemini.

Durante il volo della Gemini 4, Edward H. White effettuò un'attività extraveicolare durata 21 minuti, utilizzando un propulsore personale a getti di gas. Nel dicembre 1965 le Gemini 6 e 7 si avvicinarono l'una all'altra fino a una distanza inferiore al metro. La prima di esse atterrò dopo un volo di circa 20 ore, con i cosmonauti Schirra e Thomas P. Stafford. La Gemini 7, il cui equipaggio era formato da Frank Borman e James A. Lovell Jr., rimase invece in orbita per 334 ore, fornendo importanti dati medici sulla permanenza dell'uomo nello spazio e verificando l'affidabilità del sistema di propulsione a idrogeno e ossigeno. Nel corso dei voli delle Gemini 10, 11 e 12 vennero effettuati avvicinamenti e agganci ripetuti a un veicolo bersaglio messo preventivamente in orbita.

2.3

 

Programmi Soyuz e Apollo

L'anno 1967 fu segnato da tragici incidenti per entrambe le nazioni che si proponevano il traguardo dell'esplorazione della superficie lunare. Il 27 gennaio, durante un test della navicella Apollo a Cape Kennedy, si sviluppò un incendio nel modulo di comando; a causa dell'atmosfera di ossigeno puro in pressione, le fiamme divamparono in un istante, e i tre astronauti Grissom, White e Roger B. Chaffee finirono arsi vivi. Il programma Apollo fu ritardato di oltre un anno a causa del terribile incidente. Il 23 aprile dello stesso anno venne lanciato nello spazio il cosmonauta Komarov a bordo della Soyuz, una nuova navicella sovietica che poteva ospitare tre astronauti ed era dotata di un modulo di lavoro separato. Durante il rientro nell'atmosfera terrestre, si verificò un incidente banale e terribile: l’attorcigliamento delle funi dei paracadute della capsula. Per l’occupante non vi fu scampo.

Nell'ottobre del 1968 venne lanciato il primo Apollo con equipaggio. Gli astronauti Schirra, R. Walter Cunningham e Donn F. Eisele effettuarono 163 orbite, durante le quali controllarono le prestazioni della navicella, scattarono numerose fotografie della Terra e trasmisero immagini televisive. Nel dicembre del 1968 l'Apollo 8, che portava a bordo gli astronauti Borman, Lovell e William A. Anders, compì dieci orbite intorno alla Luna, quindi atterrò regolarmente. Lo sgancio, l'avvicinamento e il riagganciamento del modulo lunare (LEM) vennero provati nel corso delle 151 orbite terrestri dell'Apollo 9, con gli astronauti James A. McDivitt, David R. Scott e Russell L. Schweickart. L'Apollo 10 effettuò una prova generale di allunaggio, durante la quale gli astronauti Stafford e Cernan si trasferirono dal modulo di comando al LEM e scesero fino a circa 16 km dalla superficie lunare. Durante l'operazione essi provarono l'avvicinamento e il riagganciamento del LEM, quindi si trasferirono di nuovo nel modulo di comando, nel frattempo affidato all'astronauta Young. Con questa missione il progetto Apollo era ormai pronto per portare l'uomo sulla Luna.

Nello stesso periodo, l'Unione Sovietica lanciò la Zond, una navicella senza equipaggio che effettuò numerose riprese e alcuni importanti esperimenti biologici. Nell'ottobre del 1968 l'astronauta Georgj T. Beregovoj effettuò una missione di 60 orbite con la Soyuz 3, e nel gennaio dell'anno successivo le Soyuz 4 e 5 si incontrarono in orbita; mentre le due navicelle erano attaccate, i cosmonauti Aleksej S. Eliseev ed Evgenij V. Khrunov, utilizzando tute spaziali, si trasferirono dalla Soyuz 5 alla Soyuz 4, che era pilotata da Vladimir A. Šatalov. Nell'ottobre del 1969, le Soyuz 6, 7 e 8, lanciate a un giorno di distanza l'una dall'altra, si incontrarono in orbita senza però agganciarsi. Nel giugno del 1970 la Soyuz 9, con un equipaggio di due cosmonauti, effettuò un volo record di quasi 18 giorni.

3

 

STAZIONI SPAZIALI

La Saljut e lo Skylab furono i primi veicoli progettati come stazioni spaziali, basi orbitanti abitate destinate a sperimentazioni scientifiche avanzate.

3.1

 

Stazioni sovietiche

La prima stazione spaziale della storia fu la sovietica Saljut 1, lanciata il 19 aprile 1971. Tre giorni dopo fu agganciata dalla Soyuz 10, ma per ragioni ignote i cosmonauti si sganciarono e tornarono sulla Terra senza essere entrati nella stazione. Nel giugno dello stesso anno la Soyuz 11 si agganciò alla Saljut 1, e i tre uomini dell’equipaggio vi rimasero per la durata record di 24 giorni, durante i quali vennero condotti diversi esperimenti scientifici. Durante il viaggio di ritorno si verificò un guasto e i tre cosmonauti Georgij T. Dobrovolskj, Vladislav N. Volkov e Viktor I. Patsaev (che non indossavano tute spaziali) vennero trovati senza vita dopo l'atterraggio, vittime della depressurizzazione. Il programma spaziale sovietico subì un lungo ritardo. La Saljut 2 venne lanciata nell'aprile del 1973, ma andò fuori controllo e perse alcune sezioni in orbita.

Il programma sovietico proseguì con le Saljut 3 (giugno 1974 – gennaio 1975), 4 (dicembre 1974 – febbraio 1977), 5 (giugno 1976 – agosto 1977), 6 (settembre 1977 – luglio 1982) e 7 (aprile 1982). Le ultime due stazioni vennero visitate da numerosi equipaggi internazionali, composti da cosmonauti cubani, francesi e indiani. Una delle missioni più interessanti della serie Saljut/Soyuz fu compiuta nel 1984, quando i cosmonauti Leonid Kizim, Vladimir Solovev e Oleg Atkov rimasero 237 giorni a bordo della Saljut 7 prima di fare ritorno sulla Terra. La Saljut 7 è tuttora in orbita, ma non è più operativa.

La stazione spaziale Mir fu progettata per succedere alla serie Saljut. Lanciata il 19 febbraio 1986, era previsto che rimanesse in orbita per 5 anni, ma rimase operativa per il triplo del tempo e fu smantellata soltanto nel marzo 2001. Aveva sei portelloni di aggancio e poteva ospitare un equipaggio di due cosmonauti per volta. A bordo della Mir furono più volte stabiliti record di permanenza nello spazio: nel 1987 da Jurij Romanenko, che vi si trattenne per 326 giorni, e negli anni 1987-88 da Vladimir Titov e Musa Manarov, che raggiunsero i 366 giorni. La stazione è stata smantellata il 23 marzo 2001: è stata guidata su una traiettoria di rientro e fatta precipitare nell’oceano Pacifico. Ha compiuto in tutto 86.311 orbite intorno alla Terra alla velocità media di 7,69 km/s, a una quota media di 375 km dalla superficie terrestre.

3.2

 

Stazioni statunitensi

Il programma statunitense ebbe inizio il 25 maggio 1973 con il lancio dello Skylab da un vettore Saturno 5; la stazione, che pesava circa 88.900 kg, servì come laboratorio orbitante e venne utilizzata per studi astronomici sul Sole, per studi medici sull'effetto dell'ambiente spaziale sull’organismo umano, per osservazioni intensive e multispettrali della Terra e per vari esperimenti scientifici e tecnologici, come la crescita di cristalli in assenza di gravità.

Lo Skylab venne danneggiato durante il lancio, ma fu rapidamente riparato dall'equipaggio, composto dagli astronauti Conrad, Joseph P. Kerwin e Paul J. Weitz, i quali complessivamente rimasero nello spazio per circa 28 giorni. Con le due missioni che seguirono, il progetto Skylab ebbe completo successo; vennero impiegate oltre 740 ore in osservazioni solari e vennero raccolte 175.000 immagini del Sole e 64.000 della superficie terrestre. L'11 luglio 1979, durante la sua orbita numero 34.981, lo Skylab precipitò sulla Terra, spargendo frammenti su un'area scarsamente popolata dell'Australia e sull'oceano Indiano.

Gli Stati Uniti, la Russia, il Canada, il Giappone e gli stati europei membri dell'Agenzia spaziale europea sono attualmente impegnati nell’installazione della nuova Stazione Spaziale Internazionale, il cui completamento è previsto per il 2006.

 

L'UOMO SULLA LUNA

 

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Nel 1969 l'umanità raggiunse finalmente l'obiettivo dello sbarco sulla Luna. Il volo storico dell'Apollo 11 iniziò il 16 luglio. Dopo essere entrati in orbita lunare, Edwin E. Aldrin Jr. e Neil Armstrong si trasferirono nel LEM, il modulo per l'allunaggio, mentre il modulo di comando era affidato al pilota Michael Collins. Il modulo lunare toccò la superficie del satellite il 20 luglio, nei pressi del margine del Mare della Tranquillità; poche ore dopo Armstrong mise piede sul suolo lunare, pronunciando le storiche parole: "Un piccolo passo per un uomo, un balzo gigantesco per l'umanità". L'astronauta venne raggiunto da Aldrin e, insieme, i due camminarono per due ore sulla superficie della Luna, sperimentando una forza di gravità pari a un sesto di quella terrestre; raccolsero 21 kg di campioni del suolo, scattarono fotografie e installarono un apparato sperimentale per l'analisi del vento solare, un riflettore laser e un laboratorio per misure sismiche; piantarono quindi una bandiera statunitense e comunicarono, via satellite, con il presidente Richard Nixon. I due astronauti lasciarono la Luna utilizzando lo stadio superiore del LEM e sfruttando quello inferiore come rampa di lancio. Il modulo di risalita venne abbandonato dopo l'agganciamento con il modulo di comando e i due astronauti si trasferirono di nuovo nella navicella. Il volo di ritorno dell'Apollo 11 non presentò inconvenienti e la navicella ammarò il 24 luglio nell'oceano Pacifico, nei pressi delle Hawaii, dove venne agevolmente recuperata.

1.1

 

Apollo 12

La successiva missione di allunaggio iniziò il 14 novembre 1969, quando venne lanciato l'Apollo 12 con gli astronauti Charles Conrad Jr., Richard F. Gordon Jr. e Alan L. Bean. Dopo l'entrata in orbita lunare, Conrad e Bean si trasferirono nel LEM, quindi sbarcarono sulla superficie del satellite a nord dei monti Riphaeus, ad appena 180 m dal luogo dove due anni prima si era posata la sonda Surveyor 3.

I due astronauti esplorarono la zona circostante in due fasi, ciascuna di circa quattro ore, durante le quali effettuarono esperimenti scientifici, scattarono numerose fotografie, prelevarono campioni del suolo lunare e raccolsero alcuni pezzi del Surveyor 3 perché fossero esaminati sulla Terra. Dopo il decollo dalla Luna e il rendez-vous con il modulo di comando pilotato da Gordon, ammararono felicemente il 24 novembre.

1.2

 

Apollo 13

L'11 aprile 1970 venne lanciato l'Apollo 13, con a bordo gli astronauti Jim Lovell, Fred W. Haise Jr. e John L. Swigert Jr. Una grave avaria durante il volo, prodotta dalla rottura di un serbatoio di ossigeno, costrinse gli astronauti a cancellare il piano di allunaggio. Utilizzando l'energia e i sistemi di sopravvivenza del modulo lunare, essi fecero rientro sulla Terra ammarando nel Pacifico meridionale, a sud di Pago Pago, il 17 aprile.

1.3

 

Apollo 14 e 15

La missione fallita dell'Apollo 13 venne portata a compimento dall'equipaggio dell'Apollo 14, lanciato il 31 gennaio 1971. Gli astronauti Shepard, ormai veterano dello spazio, ed Edgar D. Mitchell allunarono con il LEM nell'irregolare regione di Fra Mauro, mentre Stuart A. Roosa rimase nel modulo di comando in orbita lunare. Shepard e Mitchell esplorarono per oltre nove ore un'area che si credeva contenere alcune delle rocce più vecchie mai studiate, raccogliendo circa 43 kg di campioni e installando apparecchiature per esperimenti scientifici. Il 9 febbraio 1971 gli astronauti fecero ritorno sulla Terra.

L'Apollo 15 venne lanciato il 26 luglio 1971, con il comandante Scott, il pilota del LEM James B. Irwin e il pilota del modulo di comando Alfred M. Worden. Scott e Irwin rimasero 2 giorni e 18 ore sulla superficie lunare ai margini del mare Imbrium, in prossimità della scarpata profonda 366 m di Hadley e degli Appennini lunari, una delle catene più alte. Nel corso della loro esplorazione, gli astronauti percorsero più di 28,2 km nella zona del monte Hadley, servendosi di un rover elettrico a quattro ruote. Installarono inoltre una complessa serie di strumenti scientifici e raccolsero circa 91 kg di rocce, tra cui un frammento di circa 4,6 miliardi di anni che venne ritenuto un costituente della crosta cristallina originale del satellite. Una telecamera lasciata al suolo riprese la partenza di Scott e Irwin dalla superficie della Luna; prima che l'equipaggio lasciasse l'orbita lunare per ritornare verso la Terra, venne lanciato un "subsatellite" di 35,6 kg, progettato per trasmettere dati sui campi lunari. Nel corso del viaggio di ritorno, Worden fece una passeggiata spaziale di 16 minuti quando la navicella si trovava a circa 315.400 km dalla Terra. Gli astronauti dell'Apollo 15 ammararono senza problemi il 7 agosto, circa 530 km a nord delle Hawaii.

1.4

 

Apollo 16 e 17

Il 16 aprile 1972 gli astronauti Young, Charles Moss Duke Jr. e Thomas Kenneth Mattingly vennero lanciati verso la Luna a bordo dell'Apollo 16, per esplorare le colline di Cartesio e le pianure di Cayley. Il 20 aprile, mentre Mattingly li attendeva in orbita, gli altri due astronauti effettuarono l'allunaggio nell'area prevista, dove rimasero 20 ore e 14 minuti, eseguendo numerosi esperimenti, percorrendo circa 26,6 km con il rover e prelevando oltre 97 kg di campioni di rocce.

Le missioni verso la Luna programmate dagli Stati Uniti si conclusero con il volo dell'Apollo 17, tra il 6 e il 19 dicembre 1972. Nel corso della missione di 13 giorni, l'astronauta Cernan e il geologo Harrison H. Schmitt rimasero 22 ore sul suolo lunare, percorsero 35 km con il rover ed esplorarono la regione della valle di Taurus-Littrow, mentre al comandante Ronald E. Evans era affidato il modulo di comando.

 

VEICOLI SPAZIALI

 

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I veicoli spaziali senza equipaggio possono avere forme e dimensioni diverse, variando da pochi centimetri a parecchi metri di diametro, a seconda degli scopi per i quali sono progettati. Sono sempre dotati di un sistema trasmittente che invia a Terra i dati e le informazioni raccolte e segnala costantemente la posizione.

Le navicelle con equipaggio sono naturalmente molto più sofisticate delle sonde automatiche: sono progettate per garantire agli astronauti aria, cibo e acqua; sono dotate di strumenti per la navigazione e la guida, di spazi per il riposo e per la notte, nonché di apparecchi di comunicazione utilizzati per trasmettere e ricevere informazioni. Una caratteristica distintiva dei veicoli con equipaggio è lo schermo che protegge gli astronauti dal calore sviluppato per attrito contro l’atmosfera, nella fase di rientro a Terra.

1.1

 

Propulsione

I viaggi spaziali sono divenuti possibili solo nel XX secolo, quando le conoscenze scientifiche e tecnologiche hanno consentito lo sviluppo del sistema di propulsione a razzo e dei sistemi di guida e di controllo del veicoli. Il principio teorico della propulsione a razzo è noto da lungo tempo; si narra che già nel 1232 la città di Kaifeng, in Cina, fosse stata difesa dalle orde mongole con l’impiego di razzi che utilizzavano come propellente polvere da sparo. Il primo razzo a propellente liquido venne lanciato con successo il 16 marzo 1926 dal fisico statunitense Robert Goddard. Un considerevole impulso allo sviluppo di razzi suborbitali a grande gittata fu dato dalla seconda guerra mondiale. Gli Stati Uniti, l'Unione Sovietica, la Gran Bretagna e la Germania svilupparono contemporaneamente vari razzi a scopo militare, una parte dei quali venne utilizzata al termine del conflitto per voli sperimentali.

I motori dei razzi, utilizzati per il lancio di veicoli spaziali, sono principalmente di due tipi: a propellente solido e a propellente liquido. I primi impiegano prodotti chimici che bruciano in modo simile alla polvere da sparo, mentre nel secondo caso vengono usati carburanti liquidi e ossidanti immagazzinati in serbatoi separati. Poiché la tecnologia di costruzione dei vettori spaziali è molto simile a quella dei missili balistici intercontinentali, non è un caso che dal 1957 fino al 1965 i soli due paesi a possedere la tecnologia per lanciare satelliti siano stati Unione Sovietica e Stati Uniti. Successivamente anche Francia, Giappone, India e Cina hanno acquisito la capacità di progettazione e costruzione di vettori sempre più sofisticati e, dal maggio del 1984, l’Agenzia spaziale europea, con tredici stati membri, ha dato inizio a un proprio programma di lanci.

1.2

 

Lancio e rientro

I veicoli spaziali vengono lanciati da apposite rampe, attraverso procedure rigorosissime seguite passo passo da schiere di computer. Il controllo computerizzato serve a rilevare il minimo malfunzionamento di un qualsiasi componente del veicolo o del razzo vettore e ad arrestare istantaneamente, quando sia il caso, la procedura stessa.

Altrettanto delicata è la fase di rientro a Terra; in particolare è necessario schermare la navicella dall’enorme calore sviluppato per attrito all’ingresso nell’atmosfera. Nei veicoli spaziali Mercury, Gemini e Apollo, il problema veniva risolto per mezzo di scudi termici in grado di dissipare il calore in eccesso. Allo stesso scopo, gli space shuttle sono rivestiti di piastrelle in materiale ceramico refrattario al calore.

1.3

 

In orbita attorno alla Terra

L'orbita di un oggetto intorno alla Terra può essere circolare oppure ellittica. Un satellite artificiale in orbita circolare viaggia a velocità costante: maggiore è l'altitudine, minore è la velocità del suo moto relativo rispetto alla superficie terrestre. Un satellite situato a un'altezza di 35.800 km sull'equatore descrive un'orbita geosincrona (percorsa alla stessa velocità angolare del moto di rotazione terrestre) in 24 ore, e rimane quindi sempre sulla perpendicolare di un punto fisso dell'equatore. Un’orbita di questo tipo è detta geostazionaria, e viene utilizzata per molti tipi di satelliti, tra cui quelli per telecomunicazioni.

Al contrario, la velocità di un oggetto che descrive un'orbita ellittica intorno alla Terra non è costante in tutti i punti della traiettoria: raggiunge il valore massimo in prossimità del perigeo (il punto più vicino al nostro pianeta) e quello minimo all'apogeo (il punto più lontano da esso). Un'orbita ellittica può giacere su qualunque piano passante per il centro della Terra; in particolare, viene detta polare se il piano contiene l'asse terrestre o equatoriale se passa per l'equatore. L'angolo tra il piano orbitale e l'equatore prende il nome di inclinazione dell'orbita.

Osservata da un satellite in orbita polare, la Terra compie una rotazione completa ogni 24 ore. Un satellite meteorologico, quindi, che descriva un'orbita di questo tipo e che trasporti telecamere televisive e a infrarossi può in un solo giorno osservare le condizioni meteorologiche dell'intero globo. Un'orbita diversamente inclinata permette invece l'osservazione diretta di una porzione più ridotta della superficie terrestre.

Un oggetto in orbita nello spazio percorre la sua traiettoria senza bisogno di spinta propulsiva, dal momento che non si manifestano forze di attrito che rallentino il moto. Se invece la traiettoria attraversa l’atmosfera, parte della sua energia viene dissipata per effetto dell'attrito e il corpo rallenta, fino a perdere progressivamente quota e a rientrare nell’atmosfera, bruciando per il calore.

 

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